Ci conosciamo ormai da un po’ di anni, ma non ci è mai capitato di parlare di come hai iniziato a suonare e di quando hai capito che il pianoforte sarebbe stata una parte importante della tua vita.
Ho preso le prime lezioni di pianoforte all’età di sei anni, spinto più dalla passione di mio papà per la musica che non dalla mia vocazione. Ho capito che mi piaceva ciò che facevo molti anni dopo, quando decisi di fare sul serio dedicandomi agli studi classici in Conservatorio e parallelamente esplorando altri mondi sonori come il rock e l’elettronica.
Il tuo concerto si intitola TRA/ME, una combinazione di parole che ha diversi significati. Provo a citarne due che mi balzano subito all’occhio: introspezione e costruzione di una trama. Mi viene però anche da dire che questo “Tra me…” sottintende anche un “e…”. Chi o cosa è ciò che sta dopo la e?
Sostanzialmente è l’imprevisto, ciò che non ti aspetti e ti stupisce. Mi piace creare delle trame musicali con poche strutture o schemi, molte volte decido cosa suonare nel momento in cui mi siedo davanti al pianoforte. Non sono un virtuoso dello strumento, mi gioco tutto sulla casualità e il dubbio, la mia sfida personale è di arrivare in fondo col giusto grado di emozione ed empatia col pubblico.
C’è qualcosa di interminabile in questo “Cercare le radici di una composizione, provare a scarnificarla” con cui apri la presentazione di TRA/ME. Potenzialmente questa ricerca è infinita e non credo sia solo una questione di minimalismo, quanto di una forte esigenza d’indagine sull’essenzialità, su quel poco che basta per generare una melodia, che corrisponda a un’emozione e/o a una visione. È così?
Sì, esatto. Tecnicamente TRA/ME è un concerto in sottrazione dove brani originariamente realizzati con arrangiamenti ricchi di strumenti vengono ridotti all’osso, puntando tutto sull’essenzialità delle melodie e delle pause. Cerco di generare attesa, sottrarre per trovare un vuoto non necessariamente da riempire ma in cui perdersi.
Frequentandoti anche fuori dal palco a me sembra che questa essenzialità che cerchi rispecchi molto anche il tuo carattere, come in una sorta di corrispondenza. Mi interessa sapere di che tipo. In altre parole: dando per scontato che il modo in cui suoni il pianoforte è ciò che sei, questo dialogo con lo strumento ha anche una risposta? Ha ulteriormente plasmato il tuo carattere?
Il modo in cui suono rappresenta ciò che sono e viceversa. Credo che l’essenzialità sia necessaria come stile di vita a partire dalle abitudini quotidiane, preferisco il poco al troppo che, inutilmente, ci circonda.
Oltre che pianista, sei anche un musicista elettronico. Questo tuo lato, ad esempio, più che negli appuntamenti di T¥RSO emerge nelle tue partecipazioni a “Fiato ai libri”, dove sonorizzi delle letture di libri da parte di attori professionisti in un modo, secondo me, impressionante. Mi riferisco ad esempio alle sonorizzazioni de “Le possibilità di un’isola” di Michel Houellebecq e quella di “Mattino e sera” di Jon Fosse, due libri per diversi motivi difficili. Quando leggo un libro non immagino mai una colonna sonora, al massimo dei suoni che emergono dalla pagina; quindi, mi incuriosisce moltissimo sapere come lavori a queste sonorizzazioni. Perché è stupefacente l’esattezza del suono rispetto a ciò che dice il libro.
Questa tua considerazione mi lusinga, grazie. Solitamente leggo il libro per avere un’idea di base – trama, ambientazione, personaggi – per poi concentrarmi quasi esclusivamente sui timbri sonori e le parti ritmiche. Cerco di creare suggestioni più che palesare melodie o temi ricorrenti, lascio che il suono si plasmi con la narrazione nel modo più naturale possibile e quando ciò avviene devo dire che è un momento intenso.
Tornando a TRA/ME dichiari apertamente che per te sono importanti i silenzi in una composizione. Che valore hanno per te come persona e per te rispetto al mondo?
Mai come ora credo sia necessario usare con cura e parsimonia le parole, c’è più bisogno di silenzi e pause che di tante parole spesso usate a sproposito e distanti dalla realtà.
Per concludere volevo parlare di questo tuo legame con la musica degli anni ’80 e ’90 – e forse anche quella dei primi Anni Zero. Quali sono gli artisti che più ti hanno segnato? Ma soprattutto: cosa non trovi nella musica oggi che allora c’era e viceversa?
Sono affezionato ai periodi che hai citato principalmente per una ragione anagrafica, negli anni ’80 ero un ragazzo che, oltre a suonare, ascoltava molta musica e sognava di essere come i Depeche Mode o i Simple Minds, più tardi ho scoperto un valore oggettivo in molta musica di quei tempi, canzoni scritte con una capacità melodica e armonica paragonabile a certe composizioni classiche dei secoli scorsi, cosa che non ritrovo nella maggior parte della musica pop e rock odierna. Per carità nessuno è qui a inventare nulla ma almeno staccarsi dalla prevedibilità – compositiva e di produzione – sarebbe già molto! Infine, la lista degli artisti che mi hanno segnato è lunghissima, su tutti direi David Sylvian e i Talk Talk degli ultimi due dischi.
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