Grazie ad una piccola ricerca in internet sono in grado di risalire all’esatto momento in cui mi sono imbattuta per la prima volta in Claudio Rocchi: era il 5 settembre 2001. Solo a leggere la data mi ritornano in mente le sensazioni di quei giorni: pronta ad iniziare il primo anno di liceo scientifico, spaventata, eccitata, intristita da quello che era accaduto a Genova un paio di mesi prima. E non avevo ancora visto niente. Quella sera, alle 20.30, andava in onda la prima puntata della nuova stagione di “Turisti per caso”, fortunata trasmissione di Syusy Blady e Patrizio Roversi degli anni Novanta. Quell’anno la trasmissione era dedicata al Nepal e al Tibet e vedeva la partecipazione straordinaria di Franco Battiato (pensate a cosa faceva la RAI anche solo vent’anni fa). Proprio nella prima puntata, Syusy Blady e Franco Battiato sono a Katmandu in cerca della sede della prima radio indipendente nazionale, “The Himalayan Broadcasting Company“, fondata da Rocchi, quando incontrano il cantautore e musicista milanese per caso a bordo di un fuoristrada.
Mi ha subito incuriosita quest’uomo che Franco Battiato saluta commosso come un vecchio amico e che in cinque minuti riassume la sua vita: musicista beat, poi sperimentale, conduttore radiofonico (“Per voi giovani” la trasmissione più celebre), pacifista, uomo di fede – Battiato avrebbe poi invitato Rocchi, nel frattempo tornato in Italia, in quella trasmissione impossibile e imprevedibile che fu “Bitte, keine Réclame” (a proposito della Rai di una volta…). Dopo la puntata ho fatto quindi quello che una quattordicenne curiosa, appassionata di musica e con un padre altrettanto appassionato poteva fare: ho cercato se fossimo in possesso di un disco, o meglio, di una cassettina di Claudio Rocchi. Trovo “Viaggio” e “Volo Magico n°1” e rimango subito colpita. Intanto scopro anche che Claudio Rocchi ha suonato un po’ con tutta la scena milanese degli anni ’70: Finardi, Camerini, Tofani (con cui ha fatto un disco stupendo del 1980 “Un gusto superiore”, che poteva essere un titolo alternativo alla nostra serata-omaggio del 19 gennaio allo Spazio Terzo Mondo di Seriate) e ha addirittura scritto una canzone per Ornella Vanoni (“Un gioco senza età”), canzone che merita di essere ascoltata anche solo per sentire quanto era brava la Vanoni su un terreno che apparentemente non le apparteneva.
Negli anni ho continuato a recuperare dischi di Claudio Rocchi fino a completarne la discografia (faticosamente e anche grazie alla diffusione dei formati .mp3). Potete capire quindi l’entusiasmo all’uscita di un nuovo disco di inediti nel 2011 “In alto”, il mio preferito per ragioni meramente biografiche e che contiene il brano che amo di più in assoluto “Eccoti qui”. Spero di sentirlo in concerto, ma è lui stesso poco tempo dopo a comunicare sul web di avere una malattia incurabile alle ossa. Continua a lavorare a mille progetti, tra cui quello di un disco con Gianni Maroccolo, “Nulla è andato perso”, intorno al quale c’è molta attesa, ma che esce purtroppo postumo. Il 18 giugno del 2013, la notizia della sua morte. Ricordo una profonda tristezza: era ancora giovane, mi sembrava di averlo “appena” conosciuto in fondo, non ero neanche riuscita a sentirlo dal vivo, a provare a parlargli. Del resto, però “quel tipo che parla di altri mondi” in un certo senso è ancora tra di noi attraverso le sue canzoni e la sua musica. E forse proprio da altri mondi continua ad arrivarci anche se da una certa distanza nel tempo e nello spazio “tutto quello che ha da dire”.
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